
Alessandro Vettore
Alessandro Vettore, padovano, classe ‘69, dopo il diploma all’Istituto Tecnico decide di non proseguire negli studi.
Lavora come tecnico informatico riuscendo a dare sfogo al suo giovanile entusiasmo per i computers. Prova la carriera come programmatore ma sente che non è la sua strada. Comprende quale sia la sua vera passione solo nel 2015 quando, a seguito dell’improvvisa scomparsa di una persona a lui cara, scrive un pezzo di otto pagine, tutto d’un fiato, in suo onore.
È il primo di una lunga serie di racconti autobiografici che, raccolti in due volumi, rappresentano il suo primo passo nel mondo della scrittura. Completa quattro romanzi, tre ancora inediti, e nel 2018 abbina la passione per la scrittura a quella per la storia medievale veneta.
Amante della libertà e della montagna, della moto e della bellezza in ogni sua forma ed espressione, con il suo “La stirpe degli dei – La caduta dell’Eileàn” compie il suo esordio nel mondo letterario.
La sua esperienza con il Self-Publishing
Cosa ti ha spinto a scegliere il Self-Publishing?
Messo il punto al romanzo, mi ero chiesto come avrei potuto fare per trovare un valido editore disposto a pubblicarlo. Non sono mai stato bravo in questo genere di cose e non avevo contatti a cui appoggiarmi ma ho iniziato a guardarmi attorno e dopo un paio di esperienze deludenti con altrettante addette del settore che avevano promesso senza poi mantenere, decisi di fare da solo. Riuscii a spuntare il mio primo contratto di pubblicazione nel 2020, un buon contratto, onesto, ma divergenze in fase di editing lo fecero saltare. Non mi diedi per vinto, cercai ancora, e nel biennio 2022/24 guadagnai quattro proposte di pubblicazione. Ma erano troppo vincolanti e accantonai l’idea che a sancire la qualità di un libro fosse l’attenzione di un buon editore. Telefonai a Liliana per un consiglio e tre giorni dopo ero a bordo del suo treno. Il resto è vita vissuta.
Come ti sei mosso inizialmente?
Dopo il primo contratto risolto per contrasti con la editor agli inizi del 2022, nel maggio dello stesso anno approdai al Salone del Libro di Torino. Acquisii numerosi contatti ma sfumarono tutti. Tutti tranne uno: Alessandra Rinaldi, editor professionista che ebbe il coraggio di credere in me. Con lei iniziai un proficuo lavoro di messa a punto che portò il romanzo a un livello superiore. Grazie ai suoi buoni consigli riuscii ad acquisire le successive quattro proposte di pubblicazione, ma le condizioni erano troppo vincolanti e a metà del 2024 Alessandra mi spinse a valutare il self-publishing. Era un’opzione che già conoscevo ma che non avevo mai preso realmente in considerazione, e la cosa mi scosse.
Quali sono state le prime difficoltà che hai incontrato?
Due su tutte: accettare l’idea di dovermi impegnare per superare i miei limiti e uscire dalla mia zona di comfort.
Non ho mai avuto paura di parlare in pubblico né di agire in contesti al di fuori del mio ordinario a patto che accadesse all’interno di situazioni già definite: ho fatto teatro, recitando davanti a platee numerose, ma dovermi muovere in prima persona, dover definire io tempi e modi, mi è sempre stato difficile. Questo era il motivo per il quale ero convinto che una Casa Editrice sarebbe stata la scelta migliore. Ero convinto che si sarebbe occupata di quel lavoro di promozione e organizzazione che io credevo di non saper fare ma a quaranta giorni dal Natale 2024 ero ancora senza editore e con le parole di Alessandra che mi risuonavano ancora nella testa mi decisi a chiamare Liliana.
Pensi che affidarti a Self Creation abbia fatto la differenza?
Assolutamente sì. Self-Creation è stata fondamentale. La seconda delle due gambe su cui poggia la riuscita del mio romanzo. La prima è Alessandra, la seconda è Liliana. Senza Self-Creation non avrei mai pubblicato. Ricordo un momento, in particolare, quando stavamo definendo la copertina. Credo sia stata la fase più critica di tutto il processo. Liliana aveva già proposto due alternative ma io non le sentivo mie. Pur apprezzando e riconoscendo il suo lavoro, cercavo qualcosa di diverso e mi accanii a trovare una quadra tra la visione che avevo in testa e il materiale grafico che ero riuscito a reperire. Liliana, vedendomi in quello stato, mi fece un discorso che andò a toccare una corda profonda del mio essere, una corda che in pochi avrebbero saputo trovare, e mi fece riflettere. Fu allora che mi lasciai condurre arrivando alla definizione finale di quella che è poi diventata la veste grafica definitiva.
La fase più difficile che hai affrontato nel percorso di pubblicazione?
Le fasi difficili sono state più di una: tenere il passo di Liliana, innanzitutto, che è una vera “macchina da guerra” in grado di macinare lavoro come non ci fosse un domani. Efficiente, metodica, determinata, mi ha colpito per la forza con la quale ha imposto il passo e per le energie che ha profuso nella preparazione dell’impaginato, con tutte le modifiche che le ho chiesto di apportare, e per la copertina, altro momento cruciale in cui abbiamo sfiorato, come mi piace dire ora scherzando, l’incidente diplomatico.
L’intelligenza artificiale che ho voluto usare per la preparazione delle storie postate sui social è stato un altro scoglio impegnativo. Superato con successo ma a prezzo di molte ore di sonno perdute. Per non parlare dei miei impegni di padre e di lavoro che spesso interferivano con le attività pre-pubblicazione. Tutto risolto e superato, ma a chi pensa che per pubblicare in “self” basti un pdf ben formattato e un’immagine ad effetto da caricare su Amazon, dico che si sbaglia di grosso. Per offrire un buon prodotto, perché anche di questo si deve parlare, serve tanto lavoro, tanta dedizione e tanto amore. Per se stessi, innanzitutto, per il proprio romanzo e per le persone che lo leggeranno.
L’esperienza vissuta, il lavoro svolto per arrivare alla pubblicazione, cosa ti ha dato a livello di emozioni e di crescita personale?
Non è una risposta facile da dare dato che, secondo la mia esperienza di vita, i progressi a livello di crescita personale non sono visibili né quantificabili nel breve termine. Ci si accorge di loro nel momento in cui a una situazione che un tempo creava turbamento si reagisce in maniera armonica. Solo a quel punto si capisce che c’è stata un’evoluzione e se ne comprende anche l’entità.
Sulla breve distanza posso dire due cose: di aver cambiato il mio punto di vista in merito al rapporto autore-Casa Editrice e di aver maturato, nel vincere la paura di essere promotore di me stesso, una maggiore consapevolezza delle mie capacità.
Che consiglio daresti a chi sta valutando la possibilità di scegliere il Self-Publishing?
Nessuno. Dal mio punto di vista, chi troppo valuta non è pronto. Se lo fosse, agirebbe. Lo affermo con forza sulla scia della mia esperienza personale.
Dopo la risoluzione del primo contratto editoriale sono rimasto fermo anni ad aspettare l’attenzione di un’altra Casa Editrice e intanto me la raccontavo dicendomi che stavo valutando il “self”. La verità è che non ero pronto, avevo bisogno di toccare con mano termini e condizioni di una realtà che si è dimostrata diversa da come la immaginavo e ho perso, ma ora dico investito, molto tempo per maturare la mia scelta. È per questo che quando Liliana mi ha dato lo scossone sono partito subito. Avevo smesso di valutare e iniziato ad agire.