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La punteggiatura secondo me

Ricordo ancora quando, circa quattordici anni fa, alle prese con il mio primo romanzo mi misi a sfogliare tutti i libri che avevo in casa per capire come accidenti gestire la punteggiatura nei dialoghi. 

Ben presto mi resi conto che ogni casa editrice viaggiava per conto suo, e questo non fece che alimentare il caos che mi era esploso nella testa.

Caporali, virgolette, trattini, corsivo, punti e virgole all’interno o all’esterno del dialogo?

E poi ancora, dopo il dialogo ci va la maiuscola oppure no?

Queste erano solo alcune delle domande che mi tediavano e alla fine decisi che, esattamente come fanno le case editrici, avrei stilato delle linee guida tutte mie.

E se state pensando di cimentarvi nell’auto-pubblicazione è proprio questo ciò che dovete fare, redigere un vostro codice e rispettarlo, sempre, dall’inizio alla fine del romanzo.

Nel caso in cui non aveste la minima idea da dove iniziare, ho pensato di mettervi qui il mio. Potrebbe tornarvi utile e ispirarvi.

«Caporali»

Per aprire e chiudere un dialogo ci sono tre possibilità: le virgolette alte, i trattini lunghi o, quelle che utilizzo anch’io, le caporali.

Diciamo che la libertà di scelta maggiore sta proprio in questo perché, come vedrete andando avanti nella lettura di questo articolo, per quanto concerne punti, virgole e compagnia bella esiste un senso logico di utilizzo che può solo conferire maggior ordine e forza al vostro testo.

Ma andiamo per gradi e analizziamo le situazioni più comuni.

Dentro o fuori?

Nel caso in cui la tua frase presenti un discorso diretto (privo di introduzione), la punteggiatura va sempre all’interno delle caporali (o dei segni che deciderai di utilizzare).

  • «Resto ad aspettare.»
  • «Resto ad aspettare?»
  • «Resto ad aspettare!»
  • «Resto ad aspettare…»

Se invece il tuo discorso diretto viene introdotto da una frase, la punteggiatura non sarà più legata al dialogo, ma alla frase stessa.

  • Gli dissi: «Resto ad aspettare».

Ma cosa succede se all’interno del dialogo abbiamo un punto interrogativo, esclamativo o i puntini di sospensione? Li lasciamo lì, però non mettiamo alcun punto alla frase.

  • Gli dissi: «Resto ad aspettare?»
  • Gli dissi: «Resto ad aspettare!»
  • Gli dissi: «Resto ad aspettare…»

Adesso passiamo a due situazioni che potrebbero farti venire un po’ di mal di testa…

La prima riguarda i dialoghi spezzati.

  • «Resto», gli dissi, «ad aspettare.»

Come puoi notare, in questo caso le virgole vengono messe al di fuori del dialogo perché riguardano la frase, o per meglio dire l’inciso, mentre il punto, strettamente legato al dialogo, resta all’interno.

Avremmo lasciato la virgola all’interno solo se strettamente collegata al dialogo, anche se ti confesso che questa forma non mi fa impazzire.

  • «Resto,» gli dissi, «ad aspettare.»

Per quanto riguarda invece gli altri segni, bisogna rivedere la punteggiatura dell’inciso, che non avrà più le virgole ma il punto.

  • «Resto» gli dissi. «Ad aspettare?»
  • «Resto» gli dissi. «Ad aspettare!»
  • «Resto» gli dissi. «Ad aspettare…»

Adesso arriviamo invece ad analizzare quelle frasi un po’ più complesse (io le uso molto spesso), in cui il dialogo non chiude il periodo.

  • Gli dissi: «Resto ad aspettare», poi mi sedetti sul divano.

Qui, non essendoci alcun punto all’interno del dialogo è necessario mettere la virgola prima di proseguire.

La musica cambia quando all’interno del dialogo abbiamo un punto interrogativo, esclamativo o i punti di sospensione.

  • Gli dissi: «Resto ad aspettare!» poi mi sedetti sul divano.
  • Gli dissi: «Resto ad aspettare?» poi mi sedetti sul divano.
  • Gli dissi: «Resto ad aspettare…» poi mi sedetti sul divano.

E con che classe, oserei dire 😂

Bene, anche oggi penso di averti procurato un discreto mal di testa, ma sono certa che con un po’ di pratica tutte queste regolette si fonderanno al tuo DNA scribacchino.

Se sei alle prime armi potresti pensare che non sono poi così importanti questi accorgimenti (anche io non li ho adottati fin da subito), ma ti assicuro che renderanno il tuo testo più ordinato e comprensibile.

Poi, ribadisco che, esattamente come fa ogni casa editrice, anche tu puoi stilare le tue regolette personali. L’importante è che le mantieni per non confondere il lettore.

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